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Sara Boughanmi - Liceo L. A. Seneca

PARASITE: RECENSIONE E ANALISI. CHI SONO I VERI PARASSITI?

Una trama avvincente, personaggi carismatici e realistici, un’ambientazione affascinante e angosciante allo stesso tempo, un’ottima regia e un potente messaggio: l’opera che analizzeremo oggi sarà Parasite, un film molto particolare, intricato, complesso e che come tutte le novelle di Verga, manda un messaggio amaramente attuale, destabilizzante e coraggioso. Diretto dal regista Bong Joon-ho, vincitore a Cannes e agli Oscar, è probabilmente uno degli esempi più calzanti del tema che tratteremo: la lotta di classe.

Seguiamo le vicende della famiglia Kim, talmente povera da vivere di sussidio di disoccupazione in un piccolo e sudicio appartamento seminterrato infestato di insetti. Disoccupati e sfruttati negli sporadici lavori precari che permettono di arrivare a fine mese, un giorno il ragazzo maggiore della famiglia, Ki-woo, tramite la raccomandazione di un amico riesce a trovare un ottimo lavoro ben pagato da insegnante di inglese presso una ricca e facoltosa famiglia di Seoul: i Park.

La famiglia, tramite brillanti inganni e sotterfugi riesce a mettere tutti i lavoratori di casa Park fuori giorno, prendendo il loro posto: Ki-woo raccomanda sua sorella, spacciandola per un'affermata artista e psichiatra, che possa fare arteterapia al piccolo figlioletto della famiglia ricca. Ella stessa, dopo aver messo in cattiva luce l’autista dei Park, raccomanda il padre per le mansioni di nuovo autista, e il padre infine scoprendo che la governate della casa soffre di una grave allergia alle pesche, ne approfitta per far credere alla signora Park che la donna soffra di tubercolosi; al suo posto viene quindi assunta la moglie Chung-sook.

I Kim si ritrovano dunque sistemati, con una buona posizione, ottimi lavori e stipendi: sono costretti però a mentire spudoratamente, macchinare intrighi al fine di screditare o far licenziare altri lavoratori che probabilmente versavano nelle loro stesse situazioni e cosa peggiore, devono far finta di non conoscersi l’un l’altro. Poniamo l’attenzione anche sul modo con cui i Kim riescono ad ottenere ciò che meritano: oltre a calpestare il prossimo sono costretti a mentire sul loro status sociale, perché, come il film sottolinea più volte è solo quello l’importante, ciò per cui ti giudicano gli altri, l’unica cosa presa veramente in considerazione per essere valutati davvero, e non i propri talenti e meriti.

Il film ci introduce i suoi temi portanti già solo tramite i numerosi contrasti visivi: i Kim vivono in un appartamento minuscolo, angusto, claustrofobico, poco illuminato, sporco e squallido; i Park invece mostrano una casa di alto design minimal, lussuosa, gigantesca, luminosa e open space. Gli spazi risultano essere addirittura troppo ampi, tanto che non riescono mai a rientrare nell’inquadratura: gli elementi della famiglia ricca sono sempre visti distanti, sia fisicamente he emotivamente, come dispersi, raramente si vedono tutti insieme nella stessa stanza. I Kim invece, che mentono per lavorare, sono paradossalmente quelli più onesti più sinceri e meno ipocriti, la famiglia più unita e di conseguenza la più felice tra le due.

I numerosi vetri e pareti trasparenti di casa Park sono un riferimento simbolico alla divisione di classe: le due famiglie vivono vicine eppure risultano essere così lontane, così separate, come lo siete voi spettatori che guardate il film; questo schermo invisibile in realtà non fa altro che rendere ancora più divisi i personaggi, divisi dall’indistruttibile barriera sociale.

Una domanda sorge a questo punto spontanea: il film si intitola ‘’Parassita’’, ma chi sono i veri parassiti della storia? Ad una prima occhiata la risposta appare ovvia, i Kim, la famiglia povera: sfruttano ogni mezzo per sopravvivere, usano anche il wi-fi altrui, vivono letteralmente una vita che non gli appartiene attraverso i Park. Nella scena del festino a casa Park, usciti per il weekend, i Kim si comportano come se fossero a casa loro: utilizzano la vasca da bagno, la tv, bevono gli alcolici dei Park e mangiano il loro cibo; poi, appena i padroni rincasano, per non farsi scoprire corrono a nascondersi sotto i mobili, negli armadi, nei piccoli spazi bui dove nessuno guarda: proprio come degli scarafaggi. In più appena trovato un bersaglio, la famiglia ricca, ci si fiondano subito, come tanti parassiti che hanno letteralmente trovato qualcuno che gli ospita.

In realtà tutti i componenti della famiglia Kim sono estremamente intelligenti, ricchi di ingegno astuzia e talento, quindi secondo la filosofia marxista sono loro i veri lavoratori; sono loro a tenere in piedi la casa, ad occuparsi dell’istruzione dei bambini Park, a pulire, mettere in ordine, cucinare e fare le commissioni e a guidare: i Park da soli non sanno fare nulla, non hanno alcuna capacità e talento se non i soldi; di fatto sono loro i veri parassiti.

In biologia la definizione di parassita, è quella di un organismo che invece di produrre e cooperare con l’ospite, vive a sue spese. Ed è proprio questo che fanno i Park; non sanno fare nulla, non producono nulla di concreto, non lavorano ma guadagnano invece sulle spalle dei propri impiegati. L’unico ''lavoratore'' della famiglia è il padre, essedo la madre la classica casalinga annoiata, la cui professione però non è mai chiaramente specificata.

Il film pone un’evidente e spietatissima critica allo sfrenato sistema capitalista sud-coreano; non si fa scrupoli a dire a gran voce che questo è un vero e proprio sistema patologico e negativo, che porta i ricchi ad arricchirsi sempre di più sfruttando i poveri, e i poveri che si impoveriscono sempre di più perché sfruttati. Ciò comporta una qualità della vita peggiore, ai limiti del disumano, gravi crisi ambientali, un sistema economico e commerciale sregolato e sfruttatore. Tale sistema infatti porta anche ad un circolo vizioso senza uscita: senza i soldi non puoi avere un’istruzione adeguata, non potrai laurearti all’università e così non troverai mai un lavoro decente; a livello generazionale senza un buon lavoro non avrai i soldi per permettere ai tuoi figli scuola e lavoro, e la storia si ripeterà all’infinito.

Ed ecco quindi perché o si colgono le opportunità al balzo, o ci si raccomanda, o si mente sulla propria identità o si rischia di cedere nella piccola criminalità non per vivere, ma per sopravvivere. I Kim infatti appartengono a quello che Marx definiva sottoproletariato: non sono poveri, bensì sotto poveri, ovvero cronicamente disoccupati e quasi abbandonati dalla società.

Come dice la madre nella famosa scena del festino, i soldi sono come un ferro da stiro: spianano tutte le pieghe e rendono la vita molto più semplice. Se sei povero non puoi scegliere l’indirizzo di studi che vuoi, ottenere il posto di lavoro che desideri, diventa impossibile anche solo pensare di intraprendere una relazione paritaria con una persona di status più elevato. Ma ecco che con i soldi hai tutte le porte aperte: le migliori scuole, le università più prestigiose, un lavoro dallo stipendio da capogiro e sei libero di relazionarti con chi desideri.

Alle persone povere sono dunque negati i mezzi per la salita, per il riscatto; come diceva Marx la scala sociale è una scala rotta nel mezzo, una menzogna, un’utopia, e come vediamo con Verga ogni tentativo di scalata sociale o di migliorare viene puntualmente respinto. Anche qui, secondo l’ideale dell’ostrica, i componenti trovano la forza di andare avanti con la famiglia. Dunque i protagonisti si muovono in un mondo realistico, dove la meritocrazia non esiste, dove dilagano folli privatizzazioni (in parecchi paesi la sanità, che è uno dei servizi più importanti, non è aperta a tutti ma resta privata), bolle speculative ai limiti dell’assurdo, crisi governative che portano a terreno fertile per le dittature e corruzioni politiche, che a loro volta comportano debiti pubblici e un alto tasso di disoccupazione in continua crescita.



Di Sara Boughanmi, Liceo L. A. Seneca, 4°A

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