Edvard Munch nasce a Løten, in Norvegia, nel 1863.
L’anno seguente si trasferisce ad Oslo e nel 1868 la madre muore di tubercolosi.
Nove anni dopo perde la sorella a causa della medesima malattia.
Egli muore nel 1944 ad Oslo.
Munch matura un pensiero fortemente negativo di cui le teorie anticipano di un decennio le basi dell’Espressionismo.
Rifiuterà la pittura en plein air dichiarando che “non dipingo mai ciò che vedo ma solo ciò che ho visto”.
Nel 1892 espone a Berlino cinquanta dipinti, ma dopo solo una settimana la mostra viene sospesa a seguito del drastico giudizio della critica: “un insulto all’arte”.
Il regime hitleriano, inoltre, definirà 82 delle sue opere “degenerate” ordinandone il ritiro dai musei o, addirittura, la loro distruzione.
Edvard vedeva la realtà attraverso il senso angoscioso della morte.
Il messaggio più angosciante lo trasmette attraverso “L'urlo“.
Il dipinto fa parte della narrazione ciclica “Il Fregio della vita”, composta da molte tele suddivise in quattro temi: La nascita dell’amore, La fioritura e la dissoluzione dell’amore, La paura di vivere, La morte. L'urlo appartiene a La paura di vivere.
E’ stato realizzato nel 1893 ed in seguito anche riproposto in altre versioni.
Il dipinto autobiografico rappresenta un uomo in primo piano: al posto della testa ha un enorme cranio privo di capelli come fosse un sopravvissuto ad una carestia, gli occhi sbarrati sembrano aver visto qualcosa di ripugnante, mentre le labbra bluastre rimandano alla morte.
L’uomo esprime il dramma dell’umanità ed il ponte rappresenta gli innumerevoli ostacoli che ognuno deve superare durante la propria vita.
Gli amici, che continuano a camminare noncuranti, simboleggiano la falsità dei rapporti umani.
L'urlo trasmette l’angoscia propria dell’artista. E’ l’urlo di chi si è perso dentro sé e si sente solo, anche in mezzo alla gente. E’ puro espressionismo pittorico.
Di Federica Bertoni, Liceo Lucio Anneo Seneca, 5°L
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